Risposte alle domande più frequenti - Comunicazioni di irregolarità

Chiarimenti in merito a problematiche emerse nel corso dei controlli formali relativi ai 730

Domanda
Il decreto-legge n. 61/2023 ha sospeso i termini dei versamenti tributari in scadenza nel periodo 1° maggio - 31 agosto 2023. Per quanto riguarda le somme richieste con le comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato delle dichiarazioni, quando devono essere effettuati i versamenti che ricadono nel periodo di sospensione?

 

Risposta

L’articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 61 del 2023 ha disposto, nei confronti dei soggetti aventi residenza o sede nei territori colpiti dagli eventi alluvionali verificatisi nel mese di maggio 2023, la sospensione dei termini dei versamenti tributari in scadenza nel periodo dal 1° maggio 2023 al 31 agosto 2023. Secondo quanto previsto dal comma 7 del medesimo articolo 1, i termini di versamento relativi a cartelle di pagamento, avvisi di accertamento ed “altri atti emessi dagli enti impositori”, sospesi ai sensi del comma 2, riprendono a decorrere dalla scadenza del periodo di sospensione.

Tra gli “altri atti” genericamente richiamati dal comma 7 rientrano anche le comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato delle dichiarazioni, i cui termini sono interessati, oltre che dalla sospensione in argomento, anche dalla sospensione “estiva” prevista dall’articolo 7-quater, comma 17, del decreto-legge n. 193 del 2016. In base a tale norma “Sono sospesi dal 1º agosto al 4 settembre i termini di trenta giorni previsti dagli articoli 2, comma 2, e 3, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e dall'articolo 1, comma 412, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per il pagamento delle somme dovute, rispettivamente, a seguito dei controlli automatici effettuati ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e a seguito dei controlli formali effettuati ai sensi dell'articolo 36-ter del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e della liquidazione delle imposte sui redditi assoggettati a tassazione separata”. Si precisa che la sospensione “estiva” si riferisce al pagamento in unica soluzione o della prima rata delle somme dovute.

Pertanto, ipotizzando una comunicazione d’irregolarità recapitata il 10 aprile 2023, considerando le due sospensioni sopra richiamate, il computo del termine di trenta giorni, entro cui provvedere al pagamento dell’intera somma dovuta o della prima rata, si interrompe il 1° maggio e riprende a decorrere dal 5 settembre 2023, per scadere il 14 settembre 2023. Relativamente alle rateazioni in corso alla data di inizio della sospensione, si fa presente che il pagamento delle rate in scadenza nel periodo compreso tra 1° maggio al 31 agosto 2023 deve essere effettuato entro il 1°settembre 2023.

Resta fermo il termine di versamento previsto dall’originario piano di rateazione per le rate aventi scadenza al di fuori del periodo di sospensione.

 

Domanda

Come gestire le ipotesi di disallineamenti tra i dati presenti nelle Certificazioni Uniche rilasciate dai sostituti d’imposta ai contribuenti e i dati successivamente trasmessi dai sostituti d’imposta all’Agenzia delle entrate con i modelli 770 e utilizzati per i controlli?

Risposta

La responsabilità del Caf/professionista per il visto di conformità si concretizza nel controllo della corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione con quelli presenti nei documenti esibiti dal contribuente all’atto della formalizzazione dell’incarico. Pertanto, se tale corrispondenza è verificata, non potrà essere contestata alcuna irregolarità al Caf o al professionista e il relativo controllo dovrà essere concluso senza esiti nei confronti degli stessi. Il recupero dell’imposta eventualmente dovuta dovrà essere effettuato nei confronti del contribuente.

Domanda

In caso di presentazione della comunicazione rettificativa prevista dall’articolo 39 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 come deve essere provato che il contribuente non intende presentare la nuova dichiarazione?

Risposta

L’articolo 39 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 stabilisce che “Sempreché l'infedeltà del visto non sia già stata contestata … il Centro di assistenza fiscale o il professionista può trasmettere una dichiarazione rettificativa del contribuente, ovvero, se il contribuente non intende presentare la nuova dichiarazione, può trasmettere una comunicazione dei dati relativi alla rettifica”.
In presenza di una dichiarazione o di una comunicazione rettificativa, la somma pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata in esito al controllo formale, che rimane in capo all’intermediario può essere versata in misura ridotta mediante ravvedimento.
Il Caf/professionista è tenuto a informare il contribuente della necessità di correggere la dichiarazione presentata. Al riguardo si fa presente che la sussistenza della condizione che “il contribuente non intende presentare la nuova dichiarazione” si deve ritenere soddisfatta attraverso l’acquisizione della prova che l’intermediario abbia comunicato al contribuente per iscritto (ad esempio tramite raccomandata o telegramma) al domicilio fiscale del contribuente o al diverso indirizzo comunicato da quest’ultimo al Caf/professionista, l’invito a presentare una nuova dichiarazione. Non appare pertanto necessario esibire la prova dell’esplicito diniego del contribuente.

 

Domanda

La presentazione di una dichiarazione integrativa mediante modello Redditi PF , con relativo pagamento di imposte, sanzioni e interessi, è idonea a sanare l’errore del Caf/professionista ed escludere la riemissione dell’esito al menzionato CAF/professionista?

Risposta

L’articolo 39, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, prevede che in caso di apposizione di visto infedele, i Caf e i professionisti assumano una responsabilità diretta nei confronti dello Stato o del diverso ente impositore per il pagamento di una somma al 30 per cento della maggiore imposta calcolata che avrebbe dovuto essere richiesta al contribuente ai sensi dell’articolo 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, salvo che il visto infedele non sia stato indotto dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.
Tale responsabilità può essere, però, evitata se il Caf o il professionista trasmette una dichiarazione rettificativa del contribuente ovvero, nel caso in cui il contribuente non intenda presentare la nuova dichiarazione, una comunicazione dei dati relativi alla rettifica. In tale caso, la somma dovuta è pari all’importo del 30% della maggiore imposta calcolata ridotto mediante ravvedimento.
Il termine per il compimento delle suddette attività rettificative, in precedenza fissato al 10 novembre dell’anno in cui la violazione è stata commessa, è ora rappresentato dalla contestazione dell’infedeltà del visto di conformità con la comunicazione di cui all’articolo 26, comma 3-ter, del decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164 (termine ampliato dall’articolo 7-quater, comma 48, del DL 193/2016 che ha modificato il menzionato articolo 39, comma 1, lett. a), del D.lgs. n. 241/1997).
Con la circolare n. 8 del 2017 è stato chiarito che, trattandosi di modifica di una norma procedurale che consente ai Caf/professionisti di rettificare le dichiarazioni 730 contenenti errori che determinano infedeltà del visto di conformità, la stessa, per sua natura, trova applicazione anche con riferimento alle attività rettificative per le quali risulta già spirato il precedente termine del 10 novembre dell’anno in cui la violazione è stata commessa. Di conseguenza, in tali ipotesi, il Caf/professionista potrà trasmettere una dichiarazione rettificativa del contribuente ovvero, nel caso in cui il contribuente non intenda presentare la nuova dichiarazione, una comunicazione dei dati relativi alla rettifica, sempreché l’infedeltà del visto non sia stata contestata con la comunicazione di cui al citato articolo 26, comma 3-ter, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze n. 164 del 1999. La medesima circolare n. 8 del 2017, punto 21.3, ha altresì precisato che per la presentazione della dichiarazione rettificativa deve essere utilizzato il modello 730 relativo al periodo d’imposta per il quale è stata presentata la dichiarazione oggetto di rettifica.
Diversamente, per le dichiarazioni trasmesse successivamente alla predetta data, mutuando la procedura prevista per i 730 presentati in assenza del sostituto d’imposta gli eventuali versamenti dovranno essere eseguiti a cura dei contribuenti e gli eventuali rimborsi sono eseguiti a cura dell’Agenzia delle entrate.
Da quanto premesso, è evidente che, in linea generale e ferma restando la volontà del contribuente di presentare la dichiarazione integrativa mediante il modello Redditi PF rinunciando all’assistenza fiscale, la modalità per i Caf/professionisti di correggere il visto infedele è costituita dalla dichiarazione rettificativa mediante 730 ovvero in assenza del consenso del contribuente, di una comunicazione rettificativa.
Condotte difformi da quelle sopra descritte potranno essere valutate caso per caso con riferimento ai livelli di servizio. Tuttavia, nell’ipotesi in cui il contribuente abbia ritenuto di presentare la dichiarazione integrativa mediante il modello Redditi PF , rinunciando all’assistenza fiscale e provvedendo al pagamento di quanto dovuto a titolo di ravvedimento, la posizione è sanata anche nei riguardi del Caf/professionista.

 

Domanda

In caso di presentazione di una dichiarazione rettificativa mediante modello 730, con pagamento della sanzione da parte del Caf/professionista e consegna della delega F24 al contribuente per il pagamento di imposta e interessi, il predetto Caf/professionista può ritenersi liberato?

Risposta

Nell’ipotesi descritta in cui Caf/professionista effettua il pagamento della sanzione e consegna la delega F24 al contribuente per il pagamento di imposta e interessi, il predetto Caf/professionista può ritenersi liberato e, pertanto, l’omesso o carente versamento di imposta e interessi da parte del contribuente deve essere a questi riferito.

 

Domanda

Nel caso di presentazione di un modello 730 rettificativo con pagamento da parte del Caf della sanzione e da parte del contribuente delle imposte e interessi, se l’ufficio riscontra un ulteriore errore non sanato con il modello 730 rettificativo, cosa deve considerare nell’emissione dell’esito?

Risposta

L’ufficio nell’emissione dell’esito al Caf/professionista deve tenere conto degli importi già sanati con il pagamento delle imposte, sanzioni e interessi che erano scaturiti dal 730 rettificativo e riliquidare solo le imposte che derivano da eventuali ulteriori errori riscontrati, applicando alle stesse la sanzione e gli interessi corrispondenti.

 

Domanda

Nel caso di presentazione di 730 rettificativo e di pagamento con F24 avvenuto il giorno successivo all’invio del modello, ma in ogni caso prima dell’emissione di un esito, si considerano validi gli effetti del modello 730 rettificativo presentato?

Risposta

L’articolo 39 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 stabilisce che “Sempreché l'infedeltà del visto non sia già stata contestata … il Centro di assistenza fiscale o il professionista può trasmettere una dichiarazione rettificativa del contribuente, ovvero, se il contribuente non intende presentare la nuova dichiarazione, può trasmettere una comunicazione dei dati relativi alla rettifica”.
In presenza di una dichiarazione/comunicazione rettificativa, la somma pari al 30 per cento della maggiore imposta riscontrata in esito al controllo formale,che rimane in capo all’intermediario può essere versata in misura ridotta mediante ravvedimento.
Con la circolare n. 180/1998 è stato chiarito che la contestualità della presentazione del 730 rettificativo e del pagamento di quanto dovuto, non deve essere intesa nel senso che tutte le incombenze previste ai fini del ravvedimento (rimozione formale della violazione e pagamento delle somme dovute) debbano avvenire nel "medesimo giorno" ma entro lo stesso "limite temporale”. Nel caso in questione, prima che sia comunicato l’esito del controllo.

Domanda

Con riferimento alle spese mediche, ai fini del visto di conformità deve essere richiesta al Caf la prova del pagamento della fattura o della ricevuta?

Risposta

Le circolari n. 7 del 2017 e n. 7 del 2018, cui si rinvia per gli opportuni approfondimenti, danno precise indicazioni sulla documentazione da controllare e conservare per ciascuna tipologia di spese mediche sostenute dal contribuente, anche all’estero. Le suddette indicazioni, derivando fondamentalmente da circolari e risoluzioni emanate nel corso degli anni dall’Agenzia delle entrate e dal Ministero delle finanze, sono applicabili anche con riguardo al periodo d’imposta 2014, ovviamente se l’onere cui si riferiscono rilevi per il medesimo anno d’imposta (ad esempio, la spesa sostenuta per l’acquisto di alimenti a fini medici speciali è detraibile solo dall’anno d’imposta 2017).
In merito ai controlli, si ricorda che nella circolare n. 7 del 2017 è specificato che la stessa “Contiene, inoltre, un’elencazione della documentazione che i contribuenti devono esibire al CAF o al professionista abilitato al fine dell’apposizione del visto di conformità. Coerentemente, in sede di controllo documentale potranno essere richiesti soltanto i documenti indicati nella Circolare, salvo il verificarsi di fattispecie non previste. In entrambi i casi non potranno essere richiesti documenti già in possesso dell’Amministrazione”. Tale principio è stato ribadito nella circolare n. 7 del 2018.
Ciò premesso, le fatture, le ricevute fiscali e gli scontrini c.d. “parlanti” che abbiano i requisiti prescritti in base alle specifiche tipologie di spese mediche cui si riferiscono, costituiscono i documenti rilevanti al fine della verifica del sostenimento della spesa e non può essere richiesta al Caf/professionista la prova del pagamento. Rimane ferma la produzione dell’altra documentazione richiesta dalla circolare n. 7 del 2018 in base alla specifica tipologia di spesa (ad esempio, prescrizioni mediche, attestazioni, ecc.).
Parimenti, le spese mediche sostenute all’estero seguono lo stesso regime previsto per quelle sostenute in Italia e, pertanto, anche per queste spese è necessaria una documentazione dalla quale sia possibile ricavare le medesime indicazioni richieste per le spese sostenute in Italia e non può essere richiesta al Caf/professionista la prova del pagamento.

 

Domanda

Le spese per la frequenza di asili nido quando il minore compie 4 anni nell’arco dell’anno spettano per l’intero anno?

Risposta

La circolare n. 7 del 2018 chiarisce che “Per le spese sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido spetta una detrazione dall’imposta lorda pari al 19 per cento delle predette spese. Le bambine e i bambini per i quali compete l’agevolazione sono quelli ammessi e che frequentano asili nido sia pubblici che privati”. Pertanto, ciò che rileva ai fini della detraibilità della spesa è l’ammissione e la frequenza dell’asilo nido, e non anche l’età e il compimento degli anni del minore. Inoltre, con circolare n. 6 del 2006, risposta 2.1, richiamata dalla predetta circolare n. 7 del 2018, in applicazione del principio di cassa è stato chiarito che la detrazione spetta per le spese sostenute nel periodo d’imposta, a prescindere dall’anno scolastico cui si riferiscono.

 

Domanda

Con riferimento ai contributi di previdenza complementare come devono essere gestite le informazioni eventualmente rivenienti dalla CU e/o dalle attestazioni dei fondi stessi?

Risposta

La circolare n. 7 del 2018, confermando precedenti orientamenti di prassi, ha chiarito che in caso di contributi per previdenza complementare risultanti sia dalla CU che da diversa documentazione presentata dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi, il Caf/professionista deve informarlo correttamente circa i presupposti che legittimano la deduzione e il contribuente deve annotare sul documento di spesa che la stessa non è stata esclusa dal reddito di lavoro dipendente.
La medesima circolare, ha chiarito inoltre che nel caso in cui il contribuente, oltre alla CU, presenti anche la certificazione del fondo aperto che indica l’importo deducibile, senza indicare se tale contributo è già stato dedotto direttamente dal sostituto, il contribuente stesso deve annotare e sottoscrivere sul documento di spesa che lo stesso non è stato escluso dal reddito di lavoro dipendente.

Domanda

Al fine dell’apposizione del visto di conformità, in riferimento al credito d’imposta per le imposte pagate all’estero certificate dal sostituto d’imposta nella CU/2015, si chiede se sia necessario che il contribuente produca al CAF o al professionista un’attestazione del sostituto d’imposta o altra documentazione a riprova di aver effettivamente prestato lavoro all’estero.

Risposta

La circolare n. 7 del 2018 dà indicazioni generali sui presupposti e sulla documentazione da produrre per il riconoscimento del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero che possono essere dichiarati con il modello 730 (cfr. pagine da 338 a 340). Al riguardo si precisa che la suddetta documentazione a sostegno dei presupposti deve essere acquisita dal sostituto di imposta nel caso in cui, applicando l’art. 23 del DPR n. 600 del 1973, il credito per i redditi prodotti all’estero sia riconosciuto direttamente dallo stesso in sede di conguaglio e sia conseguentemente certificato. Pertanto, per il credito d’imposta certificato nella CU dal sostituto d’imposta non può essere richiesta al CAF o al professionista abilitato ulteriore documentazione a sostegno dell’effettivo svolgimento di attività lavorativa all’estero.

 

Domanda

In presenza di contributi per assistenza sanitaria versati a enti o casse aventi fine assistenziale che non hanno concorso alla formazione del reddito, indicati nello specifico punto della CU, si chiede se il CAF o il professionista siano tenuti ad acquisire l’attestazione da parte di detti organismi che le spese in oggetto non sono state rimborsate, al fine dell’apposizione del visto di conformità in relazione alle spese sanitarie portate in detrazione dal contribuente.

Risposta

Nel caso oggetto del quesito, è rilevata la presenza di contributi per assistenza sanitaria, indicati nello specifico punto della CU, che non hanno concorso alla formazione del reddito imponibile del contribuente e che potrebbero determinare, pertanto, la non detraibilità, in tutto o in parte, delle spese mediche rimborsate nel medesimo periodo di imposta di sostenimento, in quanto spese non rimaste a carico del soggetto. Al riguardo, la circolare n. 7 del 2018, riprendendo precedenti circolari e risoluzioni emanate nel corso degli anni dall’Agenzia delle entrate e dal Ministero delle finanze, dà precise indicazioni sui presupposti di deducibilità o detraibilità delle spese sanitarie, anche con riguardo ai casi in cui le spese sanitarie rimborsate si considerano rimaste a carico del contribuente (cfr. pagine da 26 a 28 della circolare n. 7 del 2018). La medesima circolare contiene, inoltre, l’elenco della documentazione e delle dichiarazioni sostitutive che i contribuenti devono esibire o rilasciare, al CAF o al professionista abilitato, al fine dell’apposizione del visto di conformità, e che possono essere richiesti in sede di controllo documentale. Ciò premesso si fa presente che al fine della verifica della corretta apposizione del visto di conformità non può essere chiesta al CAF o al professionista l’attestazione rilasciata dagli enti o casse aventi fine assistenziale che le spese sanitarie non sono state rimborsate, ed è sufficiente che il CAF o il professionista abbiano verificato la corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze della relativa documentazione, nel presupposto che sia stata fornita al contribuente la corretta informazione sulle condizioni della detraibilità delle spese mediche, e a prescindere dalla circostanza che il contribuente abbia presentato al CAF o al professionista un’apposita dichiarazione sostitutiva.

Domanda

Quali sono le responsabilità del Caf/professionista in relazione ai requisiti soggettivi dichiarati dal contribuente?

Risposta

In base alla circolare n. 7 del 2018, la definitività del rapporto non si verifica in relazione alla mancata sussistenza delle condizioni soggettive attestate dal contribuente (ad esempio, familiari a carico e spese a loro intestate) e alle situazioni autocertificate elencate nel prospetto allegato alla medesima circolare ovvero in relazione alla correttezza degli elementi reddituali indicati dal contribuente per le quali il controllo continua ad essere eseguito in capo al contribuente.
Resta fermo che il Caf/professionista che ha erroneamente compilato la dichiarazione in merito ai dati in questione possa presentare una dichiarazione rettificativa.