Gli immobili in Italia 2010 - sintesi per la stampa

Il volume Gli immobili in Italia prosegue il lavoro avviato nel 2009 per la costruzione di un’inedita mappa del patrimonio immobiliare italiano, capace di identificare, sul piano statistico, la distribuzione delle unità abitative in base alle categorie catastali ed alle dichiarazioni fiscali.

Sul piano metodologico l’incrocio delle banche dati presenta problematiche di qualche rilievo. Rispetto all’edizione precedente il percorso che ha portato alla redazione di questo volume ha seguito tre direttrici principali.

La prima è stata quella dell’integrazione e dell’affinamento del contenuto del sistema informativo già elaborato

La seconda è stata quella di aumentare la quantità di informazioni utilizzate. Per esempio, con riferimento alle unità immobiliari a destinazione residenziale, dagli archivi dell’Agenzia del Territorio è stata effettuata una stima delle superfici lorde e, utilizzando le quotazioni dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia, si è calcolato il valore del patrimonio residenziale. Oppure sono stati utilizzati gli archivi delle riscossioni ICI, per migliorare la capacità di individuazione dell’unità immobiliare e quindi migliorare i risultati dell’incrocio fra banche dati.

Un ulteriore percorso è stato quello di traslare queste informazioni sui soggetti persone fisiche, estraendo le caratteristiche socio-economiche dei proprietari di immobili dai dati dell’Anagrafe tributaria. Per quanto concerne gli aspetti metodologici si rinvia necessariamente all’apposito capitolo 6 del volume.

E’ indispensabile tuttavia porre in evidenza tre aspetti : anzitutto, l’analisi fa riferimento all’anno di imposta 2008 (ultimo anno disponibile per le dichiarazioni fiscali); in secondo luogo, i risultati ottenuti in ordine all’analisi delle caratteristiche dei soggetti proprietari e all’utilizzo dei relativi immobili, sono significativi da un punto di vista statistico per le persone fisiche e meno significativi per i soggetti diversi dalle persone fisiche; infine, rispetto all’edizione dell’anno precedente, sono stati inseriti anche i dati dei catasti gestiti dalle province autonome di Trento e Bolzano, che hanno cortesemente inviato i dati di competenza.

Sono molti i dati di interesse contenuti nel rapporto.

Per quanto concerne l’analisi degli utilizzi degli immobili, si osserva innanzitutto che il patrimonio immobiliare, in termini di numero di unità, è per l’87% di proprietà di “persone fisiche” e, per il restante 13%, di proprietà di enti, società, ecc. L’incrocio degli archivi catastali con le dichiarazioni dei redditi ha restituito un quadro significativo degli utilizzi degli immobili limitatamente alle proprietà delle persone fisiche. Infatti, mentre per queste ultime esiste la compilazione del quadro del reddito da fabbricati, non altrettanto accade per le società o gli enti, e quindi non vi è stato modo di conoscere, se non marginalmente, come le persone non fisiche utilizzano gli immobili di loro proprietà.

Per le persone fisiche , il quadro degli utilizzi degli immobili di proprietà è risultato il seguente: il 36% degli immobili sono abitazioni principali ed il 23% sono pertinenze di abitazioni principali; sono circa il 10% gli immobili locati e altrettanto gli immobili a disposizione; il 14,6% sono dichiarati per altri utilizzi. In quest’ultima voce residua rientrano: casi di trascurabile entità come l’utilizzo promiscuo dell’abitazione principale ed immobili di società semplici o di società equiparate che producono redditi da fabbricati; il caso residuo utilizzato nella dichiarazione dei redditi delle persone fisiche qualora “l’immobile non rientra in nessuno dei casi precedenti”.

Escludendo dall’analisi le abitazioni principali e limitando il campo di osservazione alle sole persone fisiche, è interessante vedere quali sono gli utilizzi per le diverse tipologie di immobili.

Per quanto riguarda le unità residenziali, sempre di proprietà delle persone fisiche e non destinate ad abitazione principale (circa 9,6 milioni), il 44% (circa 4,2 milioni) sono le abitazioni tenute a disposizione, il 28,5% (circa 2,7 milioni) sono quelle locate ed il 27,4% (circa 2,6 milioni) sono destinate ad altri utilizzi. Risulta dunque evidente la modesta entità relativa delle abitazioni date in locazione. Per negozi e uffici il mercato delle locazioni ha invece un certo rilievo economico: sono risultati affittati, infatti, il 58% dei negozi ed il 53,5% degli uffici, con riferimento al totale delle unità per cui è stato possibile ricostruire l’utilizzo.

Le elaborazioni effettuate hanno consentito anche di determinare alcuni parametri territoriali circa l’uso delle abitazioni. Un primo indicatore è quello che pone in relazione il numero di abitazioni presenti in un territorio con il numero di famiglie residenti. Il rapporto tra numero di abitazioni ogni cento famiglie, a livello nazionale, è risultato pari a 132, con riferimento a tutte le abitazioni, e 74 con riferimento alle sole abitazioni principali. Relativamente alle aree territoriali, il rapporto risulta più elevato al Sud, sia con riferimento a tutte le abitazioni (142 abitazioni per 100 famiglie) sia con riferimento alle sole abitazioni principali (75 abitazioni per 100 famiglie). Si può osservare tuttavia che la distanza dalla media nazionale è assai più contenuta per le abitazioni principali che per il complesso delle abitazioni.

Ciò significa che al Sud sono molte di più le unità residenziali utilizzate per scopi diversi dall’abitazione principale. E’ plausibile che ciò sia connesso ad una maggior quota di stock abitativo in uso come seconda casa a fini turistici, di proprietà sia di residenti locali che di residenti in altre zone d’Italia, e dal verificarsi di più accentuati fenomeni di spopolamento di aree depresse. Dalle elaborazioni, nell’ipotesi che in una abitazione principale sia collocata una sola famiglia, è risultato, quindi, che il 74% delle famiglie italiane possiede l’abitazione in cui risiede.

In ordine alla dimensione dell’abitazione , è stata riscontrata una notevole diversità tra il complesso delle abitazioni e le abitazioni principali. La media nazionale con riferimento a tutte le abitazioni, di proprietà di persone fisiche e non, mostra l’esistenza di circa 7 vani per famiglia, con scarse differenze tra Nord, Centro e Sud. Il numero di vani per famiglia relativamente alle sole abitazioni principali si riduce a 4,3, con qualche diversità di decimale tra le diverse aree territoriali (4,5 al Centro e 4,1 al Sud). Ciò indica che il patrimonio abitativo costituito da più ampia dimensione è destinato ad utilizzi diversi dall’abitazione principale.

Un ulteriore indicatore territoriale, analizzato nel volume, è relativo ad una misura, seppure grezza, dell’intensità d’uso del territorio . Si tratta del numero di abitazioni per chilometro quadrato di estensione dell’area territoriale. L’intensità d’uso del territorio è particolarmente più elevata nel Nord (quasi 127 abitazioni per kmq) rispetto alla media italiana (108 abitazioni per kmq). Questo dipende ovviamente da diversi fattori: dal diverso sviluppo economico, dalla diversa morfologia del territorio stesso, dalla diversa dimensione demografica.

È stato inoltre effettuato un esame del valore del patrimonio residenziale (abitazioni e pertinenze), presente in Italia e nella sua articolazione territoriale, per il quale si è necessariamente dovuti passare per una stima delle superfici delle unità immobiliari , utilizzando i dati metrici derivanti dalle planimetrie presenti negli archivi catastali. Ciò ha consentito di ottenere ulteriori indicatori territoriali come, per esempio, la superficie abitativa nazionale media per abitante, che risulta pari a 62 mq.

Di qualche rilievo le differenze su base regionale. Si va dagli 88 mq della Valle d’Aosta ai 57 mq della Basilicata. Il valor medio di metà delle regioni si colloca nella classe 60-70 mq per abitante.

Bisogna stare attenti a non confondere questo dato riferito al complesso delle abitazioni, con quello riferito alle sole abitazioni principali. Con riferimento alle grandi città (con più di 250.000 abitanti), si registra che la superficie per abitante più elevata si riscontra a Venezia (62 mq), seguita da Catania (61 mq) e Firenze (58 mq).

Il lavoro di ricostruzione delle superfici relativamente al settore residenziale, per il cui dettaglio si rinvia alla nota metodologica del volume, ha permesso di calcolare, sulla base dei dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare, il valore di mercato di ciascuna unità abitativa e delle relative pertinenze. Si tratta di una approssimazione che ovviamente acquista significatività a livello aggregato. E’ comunque possibile, almeno a livello regionale, un’analisi della distribuzione territoriale del valore delle abitazioni. Questo dato benché non abbia rilevanza fiscale, è estremamente importante ai fini della comprensione del mercato immobiliare e delle sue dinamiche locali.

Il complesso delle abitazioni risulta avere un valore di mercato pari a circa 5.931 miliardi di euro. Le pertinenze hanno un valore di circa 313 miliardi di euro. Si può dunque stimare che la ricchezza del settore residenziale ammonti a circa 6.244 miliardi di euro. Questa stima, con riferimento alle sole persone fisiche, ammonta a 5.623 miliardi di euro. Il valore del patrimonio residenziale è pari a 4 volte il PIL nazionale. Una misura significativa che mostra come il ciclo immobiliare dell’ultimo decennio abbia fatto salire i valori patrimoniali degli immobili e dunque anche delle abitazioni in misura particolarmente elevata rispetto al flusso annuale del reddito nazionale.

Peraltro, tale rapporto medio è assai diversificato per regione. Si va da un massimo della Liguria, che mostra un valore della ricchezza degli immobili residenziali pari a 7 volte il PIL regionale, alla Basilicata il cui valore 2,7 volte il rispettivo PIL regionale. Obiettivamente l’indicatore non mostra una chiara e netta divergenza per aree territoriali, quanto tra Regioni. Si osserva, peraltro, che alcune delle Regioni con un rapporto elevato, comunque superiore alla media, sono caratterizzate da aree turistiche con valori patrimoniali particolarmente alti. (Sardegna, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Liguria). E’ comunque un punto da indagare ulteriormente la diversificazione dei differenziali regionali in termini di rapporto tra valore del patrimonio abitativo e PIL regionale.

D’altra parte, la distribuzione regionale dei valori medi unitari del patrimonio abitativo, che è emersa dalle elaborazioni, riflette, almeno in parte, il dualismo della struttura socio-economica dell’Italia. Peraltro, va tenuta presente anche la varietà delle condizioni dei mercati immobiliari locali. Esiste infatti un’alta dispersione dei valori, in particolare all’interno di alcune Regioni. In ogni caso, fatto pari a 100 il valore medio nazionale di un’abitazione (pari a 182 mila euro), il valore medio regionale è massimo nel Lazio con +59% rispetto alla media nazionale e minimo in Calabria con un valore medio inferiore del 55% sempre rispetto alla media nazionale.

E’ possibile mettere a confronto il valore patrimoniale medio regionale, che caratterizza le abitazioni e i redditi netti medi regionali delle famiglie (fonte ISTAT). Si ottiene la stima del numero di annualità di reddito familiare che si deve impegnare per l’acquisto di un’abitazione media nelle diverse regioni. Il numero di annualità anzidetto risulta piuttosto diversificato a livello regionale. Si va dalle 9,6 annualità della Liguria e dalle 9,2 annualità del Lazio, alle 3,4 annualità del Molise, 3,5 della Calabria e 3,6 della Basilicata. Ciò implica che il differenziale territoriale dei valori patrimoniali è assai più pronunciato di quello dei redditi.