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Come impugnare un accertamento fiscale
Ultimo aggiornamento: 26 aprile 2024
Il contribuente che ritiene illegittimo o infondato un atto emesso dall’Agenzia delle Entrate nei suoi confronti può proporre ricorso alla competente Corte di giustizia tributaria di primo grado (indicata all’interno dell’atto ricevuto) per chiederne l’annullamento totale o parziale.
Il contribuente può anche presentare all’Ufficio dell’Agenzia una richiesta di riesaminare, in tutto o in parte, gli elementi e i dati contenuti nell’atto (decreto ministeriale 11 febbraio 1997, n. 37).
La richiesta di riesame non sospende né il termine entro cui versare le somme dovute né il termine entro cui presentare ricorso.
Come si presenta il ricorso
Le notificazioni, le comunicazioni e il deposito degli atti del processo tributario avvengono in via telematica secondo le regole del decreto ministeriale 23 dicembre 2013, n. 163 - pdf.
Il ricorso deve contenere gli elementi indicati dall’articolo 18 del D. Lgs. n. 546 del 1992. Il contribuente deve notificarlo all’Ufficio che ha emanato l’atto tramite posta elettronica certificata (Pec) entro 60 giorni dalla data di ricevimento dell’atto stesso. Il termine dei 60 giorni è sospeso nel periodo dal 1° agosto al 31 agosto.
Se il valore della controversia non è superiore a 3.000 euro, il contribuente può stare in giudizio senza assistenza tecnica. In questo caso, la notifica del ricorso può avvenire anche in forma cartacea tramite la consegna presso l’Ufficio, l’invio tramite posta raccomandata (senza busta e con avviso di ricevimento) oppure tramite ufficiale giudiziario.
Per le controversie di valore superiore a 3.000 euro, invece, è obbligatoria l’assistenza di uno dei difensori individuati dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 546 del 1992.
Il valore della controversia è pari all’importo del tributo contestato con il ricorso al netto di interessi, sanzioni e altri importi accessori. Se l’atto impugnato riguarda esclusivamente sanzioni, il valore è dato dalla somma di queste.
In ogni caso, prima della costituzione in giudizio presso la Corte di giustizia tributaria è dovuto il contributo unificato che varia in base al valore della controversia, secondo gli importi previsti all’articolo 13, comma 6-quater del DPR n. 115/2002.
Costituzione in giudizio
Dopo la notifica del ricorso all’Ufficio, il contribuente deve costituirsi in giudizio, depositando alla Corte di giustizia tributaria di primo grado il ricorso e il proprio fascicolo, con la copia dell’atto impugnato e i documenti che vuole presentare in giudizio.
La costituzione in giudizio va effettuata in via telematica attraverso il Sistema Informativo della Giustizia Tributaria (S.I.Gi.T) a cui si accede dal Portale della Giustizia tributaria.
Pagamento in pendenza del giudizio di primo grado
Anche in caso di ricorso, il contribuente deve versare (in forma provvisoria e in alcuni casi parziale) le somme richieste con l'atto impugnato (ad esempio, per le imposte dirette e per l'Iva è prevista l'iscrizione a ruolo di un terzo delle somme). Se il ricorso viene accolto, le somme pagate in più (rispetto a quanto stabilito dalla sentenza della Corte di giustizia) deve essere rimborsato entro 90 giorni dalla notificazione della sentenza.
Sospensione dell’atto impugnato
Il contribuente può chiedere al giudice la sospensione del pagamento se ritiene che l’atto impugnato possa causargli un danno grave e irreparabile (articolo 47 del D. Lgs. n. 546 del 1992).
La richiesta va inserita nel ricorso oppure presentata con atto separato. La richiesta deve essere notificata alle altre parti e depositata presso la segreteria della Corte di giustizia tributaria.
La sospensione concessa dal giudice viene meno con la pubblicazione della sentenza.
Trattazione della controversia
La controversia è trattata dai giudici in “camera di consiglio”, cioè senza la presenza delle parti.
Sia il contribuente che l’Ufficio possono chiedere che la discussione avvenga in pubblica udienza.
Spese del giudizio
La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio (articolo 15, D.Lgs. n. 546 del 1992).
I gradi di giudizio successivi al primo
Dopo la sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado, è possibile ricorrere in appello alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado competente.
Il ricorso in appello è proposto nelle stesse forme e con le stesse modalità del ricorso alla Corte di giustizia tributaria di primo grado e deve essere depositato nella segreteria della Corte di giustizia tributaria di secondo grado entro trenta giorni dalla proposizione.
Le sentenze pronunciate in grado d’appello possono essere impugnate con ricorso per Cassazione, per i motivi fissati dalla legge (articolo 360 codice di procedura civile).
Il ricorso per Cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo, munito di procura speciale.
Conciliazione giudiziale
Il contenzioso può essere definito attraverso la conciliazione giudiziale che può essere proposta dal giudice o dalle parti (articoli 48, 48-bis e 48-ter, del D. Lgs. n. 546 del 1992).
In caso di esito negativo del tentativo di conciliazione, è sempre possibile proseguire con il contenzioso.
La conciliazione giudiziale permette al contribuente di usufruire di una riduzione delle sanzioni amministrative del 60% in primo grado, del 50% in secondo grado e del 40% nel corso dei giudizi di Cassazione.
Per informazioni più approfondite consultare la sezione Contenzioso e strumenti deflativi.