Note

1 Intorno al ’900 si diffusero teorie e movimenti eugenetici in tutto il mondo. Nel luglio 1933 il regime nazista promulgò la legge per la sterilizzazione forzata di disabili psichici e fisici. Era quello il primo atto del programma eugenetico tedesco che porterà nel 1939, con il progetto Aktion T4, all’uccisione di migliaia di uomini, donne e bambini valutati come “ereditariamente compromessi”. Anche nelle civiltà antiche, come Atene, Sparta e successivamente Roma, si praticava l’infanticidio selettivo come forma di selezione di fenotipo.

2 Union of the Physically Impaired Against Segregation (Unione della disabilità fisica contro la segregazione) fondata nel Regno Unito nel 1972.

3 Matteo Schianchi, Storia della disabilità. Dal castigo degli dèi alla crisi del welfare, Roma, Carocci, 2012. 4 Federico Faloppa, Vera Gheno, Trovare le parole: Abbecedario per una comunicazione consapevole, Edizioni Gruppo Abele, 2021.

5 Linguista, lessicografo, accademico, saggista e ministro della Pubblica istruzione dal 2000 al 2001.

6 Antonella Patete (a cura di), Le parole per dirlo, Superabile Magazine, n.2/2012.

7 Antonella Patete, La lunga marcia delle parole, intervista a Tullio De Mauro, Superabile Magazine, n. 2/2012.

8 Franco Bomprezzi, L’handicap delle parole, in InVisibili, corriere.it, 5 aprile 2012.

9 Antonella Patete, La lunga marcia delle parole, cit.

10 Federico Faloppa, Meglio handicappato o portatore di handicap? Disabile o persona con disabilità? Diversamente abile o diversabile?, in accademiadellacrusca.it, 3 aprile 2013. 11 Rosario Coluccia, Le parole della discriminazione, in accademiadellacrusca.it, 30 agosto 2016.

12 Federico Faloppa, Meglio handicappato o portatore di handicap?, cit.

13 La prima classificazione della disabilità risale al 1970: è l’International Classification Diseases. Essa rispondeva all’esigenza di ricercare la causa delle patologie e forniva per ogni disturbo o disfunzione una descrizione delle principali caratteristiche cliniche e delle indicazioni diagnostiche. L’ICIDH del 1980 ha senza dubbio il merito di introdurre un elemento di novità rispetto al passato, occupandosi non solo della causa, ma anche del suo impatto nell’esperienza di vita della persona. Cfr. Silvia Angeloni, Il Disability Management Integrato. Un’analisi interdisciplinare per la valorizzazione delle persone con disabilità, Roma, Rirea, 2011.

14 Antonio Giuseppe Malafarina, Disabilità, un vocabolo da riscrivere, in InVisibili, corriere.it, 4 gennaio 2021.

15 L’introduzione del modello “bio‐psico‐sociale” (BPS) risale al 1946, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) adottò una nuova definizione di salute, secondo la quale essa è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non soltanto di assenza di malattia o infermità. Il modello “bio‐psico‐sociale” impiega sistematicamente i fattori biologici, psicologici e sociali, incluse le loro complesse interazioni, nella comprensione della salute psicofisica e nella scelta dell’intervento terapeutico.

16 Rispetto al “modello medico” (che considera la disabilità come un problema della persona causato da malattie, traumi o altre condizioni di salute) o di quello “sociale” (che la reputa un costrutto sociale causato dall’incapacità della società di soddisfare i bisogni delle persone e di mettere a frutto le loro capacità), l’approccio “bio‐psico‐sociale” offre un punto di vista intermedio: la disabilità come risultato dell’interazione dinamica tra caratteristiche personali e ambiente. Tale approccio è poi completato dalla Convenzione ONU del 2006, che lega il tema delle barriere, degli ostacoli e delle discriminazioni al rispetto dei diritti umani.

17 Federico Faloppa, Meglio handicappato o portatore di handicap?, cit.

18 Chiara Lucchini, Le parole sono finestre oppure muri. Il linguaggio della disabilità, in palestradellascrittura. it, 30 maggio 2018.

19 Giampiero Griffo, Le ragioni della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, in AA. VV, Il diritto ai diritti. Riflessioni e approfondimenti a partire dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, Milano, FrancoAngeli, 2012.

20 Salvatore Soresi, Sara Santilli, Maria Cristina Ginevra & Laura Nota, Le parole della disabilità e dell’inclusione, in Soresi S. (a cura di), Psicologia delle disabilità e dell’inclusione, Bologna, il Mulino, 2016.

21 Il 27 ottobre 2021, il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge in materia di disabilità, che consentirà il riassetto e la semplificazione della normativa di settore. Il cuore della riforma sarà il nuovo sistema di riconoscimento della condizione di disabilità, in linea con i principi della Convenzione ONU, che dà rilievo alle cause di esclusione, discriminazione e assenza di pari opportunità, anziché al soppesare o graduare le menomazioni.

22 Perché le Amministrazioni Pubbliche devono parlare di “persone con disabilità”, in informareunh. it, 1 giugno 2021. Come nota Giampiero Griffo, nel nostro Paese l’approccio generale alla disabilità non è quello dei diritti umani, suggerito dalla Convenzione, ma è ancora un approccio medico‐sanitario, che prevale sia a livello nazionale che regionale, violando quindi lo spirito della Convenzione.

23 Sofia Righetti, La lotta all’abilismo passa dal linguaggio, in sofiarighetti.it, 6 gennaio 2021.

24 Si vedano in tal senso anche Linee guida interne per la Comunicazione inclusiva del Paramento europeo – Direttorato generale per la Comunicazione, del 2021, o le Linee guida Una comunicazione inclusiva all’SGC ‐ Segretariato generale del Consiglio dell’Unione europea, del 2018, pure rivolte al personale interno.

25 Sofia Righetti, cit. L’inglese disabled people si traduce letteralmente con persone disabilitate, locuzione che richiama il modello “sociale” della disabilità, in cui la persona è “disabilitata dalla società” e non per sue caratteristiche.

26 Fabrizio Acanfora così scrive al riguardo: “Preferisco essere definito autistico e non persona con autismo. […] Trovo che l’autismo sia parte di me, non è qualcosa che possa essere eliminata, né che abbia bisogno di essere ‘riparata’, e quindi mi definisce come persona insieme a tante altre caratteristiche”. Un sondaggio da lui svolto sull’argomento ha evidenziato che la maggioranza delle persone autistiche partecipanti all’indagine (il 79,8%) preferisce essere definita autistica, mentre solo il 4,7% utilizza il person‐first language, definendosi come persona con autismo. Cfr. Fabrizio Acanfora, Autistici con autismo, ovvero come non cascare negli stessi errori della maggioranza, in fabrizioacanfora.eu, 22 ottobre 2020.

27 Si vedano anche le Linee guida interne per la Comunicazione inclusiva, cit., in cui si suggerisce di enfatizzare l’individualità e le capacità di ogni persona piuttosto che definirla per una sua condizione.

28 Chiara Lucchini, cit.

29 Claudio Arrigoni, Invalido a chi? Disabilità: le parole corrette, in InVisibili, corriere.it, 5 aprile 2012 e Francesco Pallone, La necessità di un linguaggio corretto per l’approccio al tema della disabilità, in tecnicadellascuola.it, 27 aprile 2020.

30 Linee guida interne per la Comunicazione inclusiva, cit., e Linee guida Una comunicazione inclusiva all’SGC, cit.

31 Handicap, in treccani.it.

32 Federico Faloppa, Meglio handicappato o portatore di handicap?, cit.

33 Francesco Pallone, cit.

34 Iacopo Melio, Parlare di disabilità: quali sono le parole corrette da usare, in fanpage.it, 24 settembre 2017.

35 Claudio Arrigoni, cit. Quando il famoso scienziato Stephen Hawking è morto nel 2018, i media lo hanno definito “finalmente libero” dalla sedia a rotelle, suscitando le proteste dei sostenitori dei diritti delle persone disabili, che hanno invece evidenziato la grande utilità per Hawking dello strumento. L’episodio è citato in Disability Language Style Guide, National Center on Disability and Journalism, Arizona State University, School of Journalism and Mass Communication, 2021.

36 Elena e Maria Chiara Paolini, attiviste per i diritti delle persone con disabilità, definiscono l’abilismo come “un sistema di potere che attribuisce valore ai corpi e alle menti non disabili, marginalizzando tutti gli altri”. Questo approccio è superabile solo “ascoltando le persone disabili, e non chi parla al posto loro; essendo critici verso le narrazioni abiliste nei media sul coraggio e la forza di volontà delle persone disabili; ragionando sull’esclusione sociale”: “In generale, cercando di decostruire i modi in cui siamo stati educati a pensare alla disabilità”. Cfr. Renato La Cara, C’è un sistema di potere che opprime le persone disabili. Le Witty Wheels e i gruppi di supporto online per lottare contro l’abilismo, intervista a Elena e Maria Chiara Paolini, ilfattoquotidiano.it, 24 gennaio 2021.

37 Sofia Righetti, Abilismo = discriminazione. Come sconfiggerlo?, superando.it, 4 maggio 2019. Sofia Righetti, attivista per i diritti delle persone con disabilità, degli animali e per la comunità Lgbtq+, nel medesimo articolo scrive: “L’abilismo è l’atteggiamento discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità”. Esso “descrive le persone definendole unicamente per la loro disabilità […] Quante volte una persona disabile viene definita ‘eroe’ soltanto perché ha una disabilità? Quante volte alle persone con disabilità vengono attribuite caratteristiche preconfezionate, quali essere ‘guerrieri’, ‘coraggiosi’, ‘meravigliosi’, ‘angeli sofferenti’ «con tanto da insegnare a noi che disabili non siamo»?”.

38 Giampiero Griffo, Le parole sono pietre, in superando.it, 10 ottobre 2005.

39 Redattore sociale, Progetto Parlare Civile, Non esistono parole sbagliate esiste un uso sbagliato delle parole: Diversamente abile, in parlarecivile.it.

40 Diversamente abile, in treccani.it.

41 Imprudente, che dagli anni ’70 porta avanti riflessione e impegno nel campo della disabilità ed è uno degli storici fondatori del Centro Documentazione Handicap di Bologna, di cui oggi è Presidente Onorario, prende comunque atto della obsolescenza della locuzione, che per l’associazione FIABA (Federazione italiana per l’abbattimento delle barriere architettoniche) è “avulsa dalla condizione reale della persona con disabilità” e quindi “da bandire. Cfr. Claudio Imprudente, Le parole da non usare, in superabile.it, 26 giugno 2017.

42 Redattore sociale, Progetto Parlare Civile, cit.

43 Giornalista, scrittore, responsabile per anni della comunicazione sociale per il Comitato Telethon Fondazione Onlus, Bomprezzi ha raccontato la disabilità con semplicità e ironia attraverso il blog da lui curato, InVisibili, su corriere.it.

44 Franco Bomprezzi, L’handicap delle parole, cit.

45 Redattore sociale, Progetto Parlare Civile, cit.

46 Franco Bomprezzi, Caro Saviano, sei diversamente bravo, in InVisibili, corriere.it, 2 ottobre 2012.

47 Redattore sociale, Progetto Parlare Civile, cit.

48 Matteo Schianchi, Basta con i “diversamente abili”!, in mysuperabile.inail.it, 23 novembre 2009.

49 Antonella Patete (a cura di), Le parole per dirlo, cit.

50 Sofia Righetti, La lotta all’abilismo passa dal linguaggio, cit.

51 Sofia Righetti, La lotta all’abilismo passa dal linguaggio, cit.

52 Redattore sociale, Progetto Parlare Civile, Invalidità, in parlarecivile.it.

53 Parlare delle persone con disabilità senza tener conto del loro punto di vista non è solo una mancanza di rispetto, ma anche sbagliato, perché contribuisce a creare un immaginario errato e al perpetuarsi di comportamenti abilisti. La loro richiesta è dunque “Nothing about us, without us”, ovvero “Niente su di noi, senza di noi”. Sul tema cfr. Sofia Righetti, La lotta all’abilismo passa dal linguaggio, cit.

54 Antonella Patete, La lunga marcia delle parole, cit.

55 Antonella Patete (a cura di), Le parole per dirlo, cit.

56 In questo senso anche Claudio Arrigoni, Invalido a chi?, cit.

57 Sofia Righetti, La lotta all’abilismo passa dal linguaggio, cit.

58 Francesco Pallone, La necessità di un linguaggio corretto per l’approccio al tema della disabilità, cit.

59 Salvatore Soresi (a cura di), Psicologia delle disabilità e dell’inclusione, cit.

60 Iacopo Melio, Parlare di disabilità: quali sono le parole corrette da usare, cit.

61 Fabrizio Acanfora al concetto di “inclusione”, che rimanda all’idea di una concessione che la maggioranza fa a una minoranza, preferisce quello di “convivenza”, che mette tutte le persone sullo stesso livello e responsabilizza ciascuno verso se stesso e gli altri (cfr. Valentina Grassini, A essere ‘normale’ è la diversità, intervista a Fabrizio Acanfora, in robadadonne.it, 7 aprile 2021). Parla dunque di “cultura della convivenza delle differenze che esistono, e sono sempre esistite, all’interno di quella illusione chiamata normalità”. Cfr. Fabrizio Acanfora, in www.fabrizioacanfora.eu.