Fatture elettroniche verso consumatori finali non PIVA, operatori in regime forfettario e di vantaggio, agricoltori in regime speciale, identificati

L’articolo 1, comma 3bis, del d.Lgs. n. 127/15 stabilisce un obbligo di comunicazione dei dati delle sole fatture relative ad operazioni transfrontaliere, cioè quelle da o verso soggetti non residenti o non stabiliti nel territorio dello Stato; inoltre la legge di Bilancio 2018 ha abrogato l’art. 21 del d.l. n. 78/2010 con riferimento alle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi effettuate a partire dal 1° gennaio 2019 (c.d. “nuovo spesometro”). Conseguentemente, per le fatture ricevute da un soggetto passivo IVA che rientra nel regime forfettario o di vantaggio a partire dal 1° gennaio 2019 non sussisterà più l’obbligo di comunicazione “spesometro”.
Come stabilito dall’art. 1 del d.Lgs. n. 127/15, l’operatore IVA residente o stabilito è obbligato ad emettere la fattura elettronica anche nei rapporti con i consumatori finali (B2C) e a consegnare agli stessi una copia della fattura elettronica emessa, in formato analogico o elettronico, salvo che il cliente non rinunci ad avere tale copia. Inoltre si sottolinea che, tanto i consumatori finali persone fisiche quanto gli operatori che rientrano nel regime
forfettario o di vantaggio, quanto i condomini e gli enti non commerciali, possono sempre decidere di ricevere le fatture elettroniche emesse dai loro fornitori comunicando a questi ultimi, ad esempio, un indirizzo PEC (sempre per il tramite del Sistema di Interscambio).
Gli operatori che rientrano nel regime di vantaggio o nel regime forfettario e gli operatori identificati (anche attraverso rappresentante fiscale) in Italia non hanno, invece, l’obbligo di emettere le fatture elettroniche; tali soggetti non hanno neppure l’obbligo di conservare elettronicamente quelle ricevute nel caso in cui il soggetto non comunichi al cedente/prestatore la PEC ovvero un codice destinatario con cui ricevere le fatture elettroniche.
Nel caso prospettato nel quesito, l’operatore dovrà emettere una nota di variazione elettronica che riporti l’ammontare dell’IVA non addebitata nella originaria fattura elettronica. Dal punto di vista tecnico, si precisa che per la nota di variazione si può utilizzare la “fattura semplificata”. In particolare, sarà necessario:
  • inserire gli estremi della fattura che si vuole rettificare (blocco 2.1.2 della rappresentazione tabellare della fattura), per non violare il controllo sull’importo massimo;
  • valorizzare il dato dell’importo (elemento 2.2.2 della rappresentazione tabellare della fattura) e il dato dell’imposta (elemento 2.2.3.1 ) entrambi con l’importo della variazione;
  • non valorizzare il dato dell’aliquota (elemento 2.2.3.2 della rappresentazione tabellare). Se si utilizza una delle procedure gratuite (procedura web, App o stand alone) messe a disposizione dall’Agenzia delle entrate, il campo “Dati Fattura Rettificata” è selezionabile (e quindi valorizzabile) nella sezione “Dati della fattura” come riportato nell’immagine seguente:
Il condominio non è un soggetto titolare di partita IVA e non emette fattura.
Gli operatori IVA residenti o stabiliti che emetteranno fattura nei confronti di un condominio saranno tenuti ad emettere fattura elettronica via SdI considerando il condominio alla stregua di un “consumatore finale”. Pertanto, come previsto dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018:
1. nel compilare la fattura elettronica riporteranno il codice fiscale del condominio nel campo dell’identificativo fiscale CF del cessionario/committente;
2. valorizzeranno il campo “codice destinatario” della fattura elettronica con il codice convenzionale “0000000” e invieranno la fattura elettronica al SdI;
3. consegneranno una copia della fattura elettronica trasmessa – in formato analogico o elettronico – al condominio. Nella copia dovrà essere esplicitamente detto che si tratta della copia della fattura trasmessa
Si coglie l’occasione per evidenziare che tali regole valgono anche per gli enti non commerciali non titolari di partita IVA.

Circa il primo quesito, si ritiene che, la società cooperativa agricola di conferimento può emettere la fattura per ogni singolo socio utilizzando una distinta numerazione per ciascun conferente (es. 1/Cop__, 2/Cop__, ecc). In tal modo, le fatture emesse dalla cooperativa per conto del socio risulteranno progressive con riferimento al singolo socio, e saranno distinte da tutte le altre fatture emesse dal socio stesso ad altri clienti, che seguiranno una numerazione progressiva diversa (ad esempio per gli altri clienti il socio numererà le fatture con 1, 2, 3, ecc.). Si ricorda che nel caso di emissione della fattura da parte del cessionario/committente (nel caso di specie, la società cooperativa) per conto del socio occorre valorizzare i blocchi “Terzo intermediario o Soggetto emittente” e “Soggetto emittente”, inserendo i dati della cooperativa e indicando che l’emittente è il “Cessionario/committente” (punto 2.2.8 dell’allegato “A” al provvedimento 30 aprile 2018), come esemplificato nella schermata della procedura web dell’Agenzia delle entrate qui di seguito.

 

 

 

In merito al secondo quesito, nel predisporre la fattura elettronica la cooperativa può inserire il proprio indirizzo telematico (per esempio il proprio indirizzo PEC o il proprio codice destinatario) come indirizzo del destinatario della fattura: in tal caso, affinché il socio abbia un esemplare della fattura, la cooperativa deve comunicare al produttore agricolo socio di avere emesso la fattura e deve trasmettergli (tramite email o altro strumento ritenuto utile) duplicato del file XML della fattura elettronica o copia in formato PDF della fattura (eventualmente con la relativa ricevuta di avvenuta consegna pervenuta dal SdI), ricordando al socio che può consultare o scaricare la fattura elettronica anche nella propria area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi”.

L’articolo 21, comma 2, lettera g), del d.P.R. n. 633/1972 – stabilisce l’obbligo di riportare nella fattura i dati di «natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell'operazione» e non impone in alcun modo la necessità di riportare, nei casi come quello prospettato dal quesito, l’identificazione espressa ed analitica del paziente (con codice fiscale, nome, cognome, ecc.). La necessità di coordinare l’assenza di un obbligo in questo senso con il dovere generale di fatturazione elettronica via SdI e di rispetto della tutela dei dati personali, spinge a ritenere che le parti debbano adottare tutti gli accorgimenti necessari al fine di non inserire in fattura dati non richiesti dalla legislazione fiscale (od extrafiscale), idonei a violare le varie disposizioni in essere, nell’eventualità, modificando precedenti comportamenti non più in linea con l’attuale quadro normativo.

Fermo quanto sopra, si ritiene che le fatture emesse nei confronti di soggetti passivi IVA (B2B) debbano essere elettroniche via SdI, senza alcuna indicazione del nome del paziente o di altri elementi che consentano di associare la prestazione resa ad una determinata persona fisica identificabile.

Si.
È un consumatore finale quindi va rilasciata una fattura analogica.
È una scelta dell’operatore: può riceverla e gestirla analogicamente o elettronicamente.
Si è corretto, salvo che il cliente privato non richieda la fattura: in tal caso occorrerà comunque emettere la fattura elettronica (con codice destinatario 0000000) e fornirne copia analogica o elettronica al cliente.

È possibile e consigliabile riportare una dicitura del tipo “copia analogica della fattura elettronica inviata al SdI”. Al riguardo si ricorda che, come specificato dal provvedimento del 30.04.2018 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (e successive modificazioni), il consumatore finale può consultare le fatture elettroniche nella sua area riservata del sito dell’Agenzia solo a partire dal 1° marzo 2020 a seguito di accettazione del servizio di consultazione.

Il cliente in regime forfettario non è obbligato a ricevere le fatture elettroniche, quindi è importante che conservi le fatture ricevute in via analogica o via PEC, pur non avendo richiesto al fornitore tale indirizzo, in modo analogico. Si ricorda, tuttavia, che anche l’operatore forfettario o il suo delegato può sottoscrivere il servizio gratuito di conservazione AE, indipendentemente dalla modalità di ricezione delle fatture: in tal modo sarà sicuro che le sue fatture passive saranno conservate per 15 anni senza il rischio di perderle.

Il servizio di consultazione delle fatture elettroniche per i consumatori finali persone fisiche sarà reso disponibile dal 1° marzo 2020, previa adesione dell’utente, come previsto dal provvedimento del Direttore AE del 30.04.18 e successive modifiche.  In merito all’efficacia probatoria della copia analogica della fattura elettronica rilasciata al consumatore finale, si rimanda alle FAQ pubblicate sul sito dell’Agenzia delle Entrate (area tematica “Fatture elettroniche e Corrispettivi telematici”).   
 

L’accesso al portale F&C è possibile solo per soggetti titolari di partita IVA, quindi la ONLUS senza partita IVA non potrà registrare l’indirizzo telematico. La ONLUS potrà però ricevere le fatture elettroniche comunicando una PEC o un codice destinatario.

A seguito del confronto avuto tra l’Agenzia delle Entrate e il Garante privacy è stato previsto che non è possibile delegare un soggetto terzo (anche art. 3, comma 3, del d.P.R. n. 322/98) al servizio di consultazione dei dati dei consumatori finali persone fisiche.