Menu della sezione Disabilità. Iniziamo dalle parole
in Italia
La normativa italiana antecedente la legge n. 18 del 3 marzo 2009, che ha ratificato la Convenzione ONU, utilizzava varie terminologie (portatori di handicap, diversamente abili, persone handicappate), ancora oggi replicate nei testi di circolari ministeriali e in numerosi e pubblici documenti amministrativi, parole che molto spesso, nonostante le intenzioni, appaiono obsolete, se non persino sminuenti, offensive e lesive della dignità della persona 21.
Per favorire l’inclusione e promuovere la tutela dei diritti delle persone con disabilità, si moltiplicano le istanze affinché, a partire dagli atti delle Amministrazioni Pubbliche, si utilizzi solo la locuzione persona con disabilità.
Si veda ad esempio la raccolta firme lanciata a giugno 2021, cui hanno aderito numerose personalità appartenenti al mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport, nonché al mondo associativo (ad esempio la Presidenza della FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), in cui si propone all’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità di far diramare al Dipartimento della Funzione Pubblica una circolare che raccomandi l’uso di una terminologia conforme a quella utilizzata nella Convenzione ONU. L’istanza sottesa all’iniziativa va ben oltre la questione linguistica, puntando direttamente alla diffusione della cultura sulla disabilità che ha il suo punto di riferimento nella Convenzione 22
La locuzione persone con disabilità (people/persons with disabilities)
è definita come person‐first language, ovvero un’espressione
che mette al primo posto la persona e, solo successivamente,
come sua caratteristica, la disabilità. Questo tipo di
linguaggio viene preferito da quanti sottolineano che per secoli
le persone con disabilità sono state deumanizzate, identificate
con la loro patologia o il loro deficit: “La persona scompariva a
favore di una raffigurazione alienante, in cui l’individuo era ridotto
solo alla sua disabilità, problema ancora molto presente
nella narrazione dei media” 23.
Il person‐first language è utilizzato dalla Convenzione ONU del
2006 e viene promosso anche dalle istituzioni europee 24.
Persone disabili (disabled people) si riferisce invece all’identityfirst
language, utilizzato soprattutto dalle persone e dagli attivisti
disabili per rivendicare l’uso della parola disabile, spogliandola
dai connotati negativi che la società le attribuisce e mostrandola
con orgoglio, come una delle possibili caratteristiche della persona,
ma anche per sottolineare lo stato di minoranza discriminata.
Per Elizabeth Barnes (autrice del libro The Minority Body: A
Theory of Disability) come non si dice people with gayness (persone
con omosessualità), non si dovrebbe dire nemmeno people with
disabilities, perché la disabilità è una parte dell’essere umano
come lo è l’orientamento sessuale, l’identità di genere, l’etnia 25.
Anche Fabrizio Acanfora26, scrittore, attivista e divulgatore scientifico
in tema di autismo, preferisce l’uso del linguaggio identity‐first.
Quando è possibile, la soluzione migliore è chiedere alla persona
come preferisce essere chiamata o, in caso contrario,
usare il linguaggio person‐first.